Siamo partiti da molecole di ferro perché sappiamo che sono molto efficienti nel catalizzare la trasformazione dei gas in etilene, propilene e butadiene. Poi, per superare i problemi di instabilità di queste molecole, le abbiamo unite a nanoparticelle non reattive così da renderle molto più resistenti,
ha spiegato Krijn de Jong, a capo del progetto, sull’articolo comparso su Science. Utilizzando dunque nanofibre di carbonio, monossido di carbonio e idrogeno, i ricercatori sono riusciti a “tradurre” il 65% della miscela in quei tre composti che sono le “fondamenta” del materiale plastico.
Il procedimento non è nuovo, ma è quasi un secolo che team di chimici ci provano a renderlo efficiente. Loro sono riusciti ad ottenere risultati migliori degli altri, con il tasso di efficienza più elevato mai ottenuto. Ancora però, ci tengono a sottolineare gli studiosi, ci vorrà tempo finché il processo venga migliorato, reso remunerativo e dunque arrivare a produrre la plastica che finisce nelle nostre case, ma almeno è il primo e, di solito, il più difficile passo. Inoltre, aspetto non da poco, questi materiali naturali sono in grado di biodegradarsi, ottenendo così un impatto nullo sull’ambiente.
In questo modo, spiegano i ricercatori, c’è la speranza che il petrolio venga definitivamente soppiantato per far spazio a queste bioplastiche che sono uno dei principali campi di studio di molte università oggi, basta che però non si finisca con il deforestare intere aree verdi per ottenere la materia prima, altrimenti non ci avremo guadagnato così tanto.
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