La denuncia rappresenta un precedente importante, perché per la prima volta nella storia giuridica svizzera
una società, cioè una persona giuridica (e non un individuo), potrebbe
essere chiamata a rispondere per un crimine commesso all’estero.
Il cadavere di Luciano Romero fu ritrovato l’11 settembre 2005 alla
periferia della cittazioni e minpar, dove fino al 2002 lavorava presso
la fabbrica di latte in polvere di proprietà della Cicolac, controllata
colombiana della Nestlé. Dirigente locale del Sinaltrainal da almeno 20
anni, Romero era stato assassinato con 50 coltellate, dopo essere stato
legato e torturato. Prima di essere ucciso aveva vinto una causa per
essere reintegrato al suo posto di lavoro, perché il suo licenziamento
era stato motivato con la sua presunta appartenenza ai gruppi
guerriglieri. Un’accusa giudicata infondata dalla Prima Corte del Lavoro
di Valledupar. Minacciato di morte dai gruppi paramilitari,
aveva ottenuto misure di protezione da parte della Commissione
Interamericana dei Diritti Umani dell’Organizzazione degli Stati
Americani (Oea).
In base all’articolo 102 del Codice penale svizzero, che sostiene la
punibilità di una persona morale qualora non sia possibile riconoscere
la responsabilità diretta di un singolo individuo nella realizzazione di
un crimine, l’Ecchr e il Sinaltrainal sostengono che la Nestlé era a
conoscenza dei preparativi da parte dei paramilitari colombiani per
assassinare Romero e non avrebbe intrapreso “le misure ragionevoli ad
impedire l’infrazione”.
Nelle oltre 100 pagine della denuncia viene affermato esplicitamente
che le molteplici diffamazioni e minacce ai danni del sindacalista non
sarebbero responsabilità del gruppo Nestlé o dei suoi dirigenti,
tuttavia si sarebbe trattato di “fattori di rischio” dei quali la
società era informata e ai quali avrebbe dovuto rispondere applicando
“le necessarie garanzie di tutela e cura”.
Secondo il quotidiano svizzero ‘Tribune de Genève’, non è stato
possibile contattare nessun portavoce della Nestlé per commentare la
notizia, anche se secondo l’agenzia di stampa svizzera ‘ats’ la società
avrebbe diffuso un comunicato contestando le accuse.
“L’obiettivo è stabilire un precedente giuridico per la
responsabilità delle imprese nelle regioni di conflitto – ha affermato
Wolfgang Kaleck, segretario generale dell’Ecchr – affinché le società
straniere si adoperino nella difesa dei diritti dei lavoratori e dei
cittadini condividendo tutte le informazioni importanti relative alla
gestione dei rischi”.
Commentando la notizia, il quotidiano tedesco ‘Sueddetsche Zeitung’
si è chiesto se la denuncia non sia soltanto un modo per attirare
l’attenzione dei media: “In ogni caso le accuse contro la Nestlé
sollevano interessanti domande giuridiche, sui doveri delle aziende
multinazionale in relazione alle vicende penali che coinvolgono
l’ambiente globale della loro produzione – scrive il giornale di Monaco
di Baviera – Anche altre multinazionali con sede in Svizzera, come per
esempio il trader delle materie prime Glencore, sono accusate di
sfruttare i lavoratori in Africa o in America latina,
di distruggere l’ambiente o di sottrarsi agli obblighi fiscali;
tuttavia è quasi sempre impossibile individuare una responsabilità
diretta individuale all’interno della società e dimostrare che i
dirigenti abbiano commesso un eventuale reato. Indubbiamente può essere
che in Colombia, dove è stato ucciso Romero e dove i grandi latifondisti
e i gruppi paramilitari hanno stabilito una sorta di ‘ordine di
controllo’, le aziende multinazionali beneficino indirettamente di
questo status quo: se la Nestlé ha agito negligentemente approfittando
di questo ‘sistema’ e sfruttandone gli eccessi, è ora compito della
procura di Zug accertarlo”.
Fonte: Atlasweb
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